Pubblichiamo di seguito l’intervista realizzata dalla giornalista e collaboratrice di Avvenire, presso uno dei Centri HPL, ad una delle famiglie beneficiarie del progetto. Ringraziamo l’autrice per averci concesso la possibilità di pubblicare questa testimonianza ed i genitori per la loro disponibilità.
di Antonella Galli
“Sono stupida, lasciatemi stare”. Il cartello, appeso sulla porta della camera di Camilla, 10 anni, era stato un colpo al cuore per i suoi genitori, ma per certi versi anche un momento di svolta. Perché quelle parole, così dure da accettare, avevano reso evidente tutto ciò che Camilla aveva dentro di sé.
“La cosa positiva era che avesse trovato il modo per manifestare ciò che provava. La cosa complicata, per noi, era affrontarlo. Da quel momento, però, potevamo iniziare a parlarne insieme…” racconta Sara, la mamma di Camilla.
“Quando Camilla era alla scuola dell’infanzia, ho cominciato a pensare che fosse sempre tanto lenta nel fare le cose, che si distraesse continuamente. Per le maestre non c’erano particolari criticità. I miei timori, però, non cessavamo e così, decidemmo di approfondire la situazione con una valutazione di un neuropsichiatra infantile. Il risultato fu una diagnosi di funzionamento intellettivo limite, ovvero un quoziente nella norma, ma nella fascia bassa della media. “Monitoriamo la situazione” ci disse il medico “e vediamo come vanno le cose”.
Camilla comincia la scuola primaria e le cose, all’inizio, vanno bene. Le maestre conoscono le sue difficoltà e sono attente nei suoi confronti. Affrontano con delicatezza anche i momenti più complicati e hanno sempre parole di incoraggiamento per lei.
Poi, però, arriva il Covid e tutto cambia.
“Studiare a casa era molto diverso dal farlo a scuola. Ogni compito richiedeva un tempo infinito e le provocava tanto stress. Faceva molta fatica a mettersi al lavoro e poi riusciva a mantenere la concentrazione solo per brevi periodi. Spesso, entrava in frustrazione prima ancora di iniziare, perché sapeva già come sarebbero andate le cose. E allora cominciava a piangere…”.
Tornata a scuola, Camilla, tutto sommato, riesce a seguire le lezioni. I suoi genitori, però, sono sempre più consapevoli di quanta fatica faccia per stare al passo con i compagni.
“Se a loro bastava mezz’ora per svolgere un compito, a Camilla poteva servire un pomeriggio intero, perché si stancava tantissimo e dovevamo continuamente interromperci. In terza elementare, chiedemmo un’altra valutazione e la diagnosi rimase la stessa. Lei stava crescendo, però, e quello che avevamo fatto fino a quel momento, forse, non bastava più”.
A cambiare il corso della vita di Camilla è un opuscolo del Centro HPL, finito sul tavolo del medico che la segue proprio il giorno della sua visita. Sara lo prende e inizia a leggerlo con grande attenzione. Chiama e le viene subito dato appuntamento.
“Arrivata al Centro, per la prima volta mi sono sentita veramente compresa, nelle mani di persone che capivano davvero quello che stavamo affrontando. A Camilla avevamo parlato di un luogo dove l’avrebbero aiutata a fare meno fatica nel concentrarsi, nel fare i compiti… E anche lei si è subito sentita a suo agio, sin dal primo incontro”.
Oggi Camilla frequenta il Centro due volte a settimana e insieme alla sua tutor lavora sia sul potenziamento delle funzioni esecutive che sugli strumenti per gestire al meglio lo studio. In particolare, ha imparato a usare le mappe concettuali che le hanno offerto un modo diverso di apprendere quanto viene spiegato a scuola.
“La prima volta che ci ha detto “vado in camera mia a fare i compiti, voi non venite, mi disturbate”, io e mio marito ci siamo detti “ma sta succedendo davvero?”. E in effetti, lei stava lavorando alla sua mappa per storia… Il passaggio verso questo nuovo modo di fare i compiti, e la conquista di riuscirci in buona parte da sola, per lei è stato molto importante. La chiave di svolta non solo per la scuola, ma per tanti aspetti della sua vita.
Credo che, dentro di sé, Camilla con questa cosa dovrà sempre fare i conti. Noi, però, cerchiamo di aiutarla a ridimensionare le difficoltà e speriamo di riuscire a darle gli strumenti migliori per affrontare le sfide che si troverà davanti. E per non sentirsi mai inadeguata ma, piuttosto, per trovare strategie personali per raggiungere i suoi obiettivi e costruirsi il suo futuro”.